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Torna a vivere un contrabbasso Maggini
a Torino


Nel novembre del '96, giunto al Conservatorio Giuseppe Verdi di Torino, trasferito dal Vivaldi di Alessandria, ho preso in visione tutto il materiale didattico e strumentale in dotazione alla classe di contrabbasso ed ho scoperto, con grande sorpresa, che il Conservatorio possedeva alcuni strumenti d'inestimabile, valore abbandonati in polverosi armadi di ferro: un Maggini, un Testore, un Arienti e due Gran Bemardel di ottima liuteria francese dell'800.
Il problema era che tutti questi strumenti erano praticamente insuonabili per l'avanzato stato di degrado in cui versavano, giacendo rotti ed inutilizzati da decenni, in quelle improvvisate custodie.
Sì, grande sorpresa, ma anche grande rabbia!
Rabbia nel vedere disperso un capitale di così grande valore, che avrebbe potuto essere invidiato da tutti gli addetti ai lavori e da tutte le Istituzioni musicali per l'importanza museale degli strumenti.
Col pieno appoggio del Direttore, M° Luciano Fornero, con i miei colleghi del Dipartimento per i restauri degli strumenti: i professori Antonio Mosca, Marco Ferrari, Sergio Patria e Bruno Landi e grazie all'indispensabile aiuto finanziario dato dalla Cassa di Risparmio di Torino, siamo riusciti, nonostante le solite interminabili lungaggini burocratiche, a far sì che potesse iniziare una prima fase di restauri, non solo per questi contrabbassi, ma anche per i violoncelli e i violini, anch'essi di notevole pregio, che versavano pressappoco nelle identiche condizioni.
Il contrabbasso Maggini ha avuto la precedenza su tutti. questo non certo per caso, ma per rispetto alla sua incantevole bellezza e alla sua inequivocabile importanza. Al mondo non vi saranno più di tre o quattro Maggini di questa fattura: la forma, la proporzione. l'eleganza, le raffinate rifiniture, il taglio delle effe e la sua caratteristica doppia filettatura intarsiata, ne fanno un vero capolavoro.
Intensa l'emozione che ho provato nel seguire passo passo il prezioso e sapiente lavoro di restauro portato a termine dall'eccellente liutaio Davide Peiretti. Eccellente poichè solo un grande liutaio avrebbe potuto recuperare questo grande strumento nella sua interezza sonora e filologica, nel pieno rispetto dell'opera d'arte.
Quando è stata aperta la cassa armonica e si è presentato alla luce del sole e senza più misteri l'interno dello strumento, Peiretti mi ha immediatamente chiamato perché mi rendessi conto dello stato in cui versava internamente.
Era evidente che nei secoli questo strumento aveva subito grossolane riparazioni che, a questo punto, avrebbero potuto anche inficiare seriamente un recupero completo. Uno scempio, un oltraggio al buonsenso e al rispetto di un'opera d'arte, paragonabile ad uno sfregio alla Gioconda.
Non nascondo la mia iniziale preoccupazione nel rendermi conto dell'enorme lavoro di recupero e della delicatezza degli interventi da effettuare. Fortunatamente sono stato confortato dall'eccezionale professionalità di Davide Peiretti che ha compiuto un vero miracolo, attuando filologicamente un restauro di grande valore storico e restituendo alla musica un mezzo d'espressione di prim'ordine.
Grande la mia emozione nel vederlo terminato, restaurato perfettamente e riportato alla vita. Mi sono soffermato ore incantato a rimirarlo e ad esaminare i dettagli del restauro. Un momento da non dimenticare e da assaporare con magica calma ed un pizzico di esoterismo.
Confesso che, mentre lo guardavo affascinato, il mio pensiero andava con una certa ansia alla curiosità di sapere se anche il risultato sonoro fosse pari alla sua bellezza ed al conseguente timore che potesse essere deludente. Quasi a voler esorcizzare il momento continuavo a chiedere a Peiretti i dettagli sul lavoro effettuato rimandando l'attimo tanto atteso.
Poi, finalmente, posai l'arco sulle corde con timore e sospetto, ma dopo poche note di timido approccio mi resi conto di cosa avevo sotto le mani ed iniziai ad affondare i suoni con intensità e crescente partecipazione, ricevendone in cambio vibrazioni di una densità e di una profondità inaudite. Rarissimamente ho suonato uno strumento di tale completezza e di pari qualità.
Grande la gratificazione per la vittoria conseguita con rispetto al lavoro di chi ha avuto il compito di lasciarci qualcosa di supremo.
Ora non ci resta che procedere nella strada intrapresa anche per gli altri strumenti, ma dopo questa fantastica esperienza non ci mancheranno certo gli stimoli per portare a termine il compito che ci siamo prefissati.

Emilio Benzi
Tratto da Tema con Variazioni, mensile dell’Orchestra Filarmonica di Torino, ott.

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